COSA E' L'ARTE "CONVENZIONE O VALORE UNIVERSALE?"

A mio avviso è difficile, se non del tutto impossibile, definire l'arte in modo universale. Il concetto di espressione artistica, sia pittorica, scultorea, teatrale, musicale o altro è, per me, strettamente correlato al gruppo etnico e culturale che l'ha prodotta. Così è che ciò che ha senso per certe genti, per altre appare di difficile, se non impossibile, comprensione. Ciò che, invece, per me, può accomunare i diversi fruitori e rendere percepibile una performance artistica è "l'emozionalità" in essa racchiusa. Tanti critici d'arte sono soliti affermare che un'opera d'arte non è realmente tale se in essa non vi è una concettualità, se non contiene un "messaggio", se non è frutto della razionalità e della consapevolezza coscente di chi l'ha prodotta. Altri critici reputano maggiormente importanti le espressioni artistiche "storicizzate", cioé riconducibili a determinati periodi storici, a correnti culturali particolari e, oltre a ciò, spesso considerano la vetustà delle stesse e l'assenza dell'autore come elementi qualificanti. Io ho delle mie personali idee al riguardo. Penso che ogni espressione artistica sia una forma di "comunicazione", una comunicazione non solo e necessariamente "razionale" ma, sopra di tutto, "emozionale". Per questo motivo, a mio avviso, se una espressione artistica lascia indifferente il fruitore della stessa, checché ne dicano i critici, il "contatto" artista - fruitore non si è verificato, la comunione mentale o quella emozionale sono assenti e, pertanto, ogni sorta di "dialogo" risulta nullo. Concludendo, sia un quadro, un brano musicale o altro, per essere arte, devono "toccare le corde" di chi guarda od ascolta, devono provocare una "comunione" di razionalità e di sensibilità. Un quadro, ad esempio, deve "parlare" a chi lo osserva con un linguaggio il più possibile universale. Il "significato", infine, di un prodotto artistico non è tanto ciò che pensa l'artista quanto ciò che crede o percepisce il fruitore, attraverso il "filtro" della sua ragione e della sua personale emozionalità.
Francesco Venier